4 - TURinTAO - PERCORSI ESCURSIONISTICI

La Val Luserna e Rorà
TERRA DI RESISTENZA

TEMPO MINIMO NECESSARIO

Una giornata

STAGIONE CONSIGLIATA

Tutto l'anno
(estate per la parte in quota)

CHILOMETRI

***

DIFFICOLTÀ

3/5

NOTIZIE da mettere nello zaino

La Val Luserna è, oggi, una valle laterale sulla destra orografica della Val Pellice. C’è stato un tempo, però, in cui tutta la zona era definita Val Luserna. In epoca medievale, infatti, i signori di Luserna dominavano su ampi territori. Nel borgo erano concentrate le botteghe, il mercato degli scambi e i luoghi di potere.

ITINERARIO

Partendo da Bibiana, si giunge agevolmente nel centro del paese, rappresentato dalla piazza della chiesa, dedicata a San Marcellino. 

Al vertice nordoccidentale della piazza si trova l’imbocco, piccolo e stretto, di una vecchia strada in salita. Bibiana, infatti, è stata costruita a ridosso del colle Castelfiore, dominata dal castello dei Manfredi di Luserna. Le tracce medievali, però, sono oggi pressoché inesistenti: il castello fu raso al suolo dai francesi alla fine del XVI secolo e i ruderi furono assegnati ai frati riformati francescani, che vi crearono un piccolo convento (1660). Erano gli anni delle feroci guerre di religione e questo modesto insediamento monastico fu tra gli obiettivi delle scorrerie della resistenza valdese, il cui leader arrivava proprio dalla Val Luserna: si chiamava Giosuè Gignous, ma era più celebre con il soprannome di famiglia, Gianavello. Ne riparleremo.

Oggi, mentre diamo le prime pedalate in salita, tenendo alla nostra sinistra le mura di quello che fu il castello e poi il monastero, possiamo riflettere su un’epoca in cui i sovrani volevano imporre ai propri sudditi il credo, cercandone la conversione attraverso abili predicatori oppure, non di rado, con l’uso della forza. Tempi tragici e complessi, in cui poteva succedere che un duca sabaudo – Vittorio Amedeo II – impegnato nell’ennesima guerra con la Francia, potesse trovare accoglienza e rifugio, durante l’assedio di Torino, sia dai valdesi di Rorà, sia dai frati di Bibiana.

La strada ci conduce verso Lusernetta, tra placide campagne, dove i prati si alternano ai frutteti. Questa è terra di mele: qui sono coltivate, in piccoli appezzamenti, le antiche varietà. Sono anch’esse eredità dell’epoca medievale, quando l’agricoltura faceva riferimento soprattutto agli ordini monastici. Le vallate piemontesi arricchirono ulteriormente la loro biodiversità grazie alle persone che lavoravano stagionalmente in Francia, portando nuovi innesti. Le varietà divennero centinaia, se non migliaia. Oggi si sta lavorando per riscoprire e valorizzare questa ricchezza, che negli scorsi decenni è stata mortificata dall’uniformazione del mercato industriale. Grigia di Torriana, Gamba fin-a, Magnana, Dominici, Carla, Calvilla, Buras e Runsè – diversissime tra loro per caratteristiche, sapore e possibili utilizzi – sono diventate presidio Slow Food.

Ogni pedalata, o quasi, ci trasporta a ritroso nella storia. E così non deve sorprenderci il fatto d’imbatterci in un gioiello di arte religiosa come la cappella di San Bernardino, che troviamo alla nostra destra prima di entrare nell’abitato di Lusernetta. Intitolata al celebre Bernardino da Siena, che nel 1425 fu inviato in valle per convertire gli eretici, è stata costruita a partire dalla metà del XV secolo. A quest’epoca, infatti, risalgono gli straordinari affreschi che ne impreziosiscono i semplici interni, attributi a un autore ignoto, chiamato Maestro di Lusernetta. Altri, invece, risalgono all’inizio del XVI secolo, opera di Jacobino Longo. La cappella di San Bernardino è inserita nel progetto Chiese a porte aperte, quindi è visitabile grazie a un’applicazione (scaricabile gratuitamente sullo smartphone) che garantisce l’apertura automatica della porta, con illuminazione e illustrazione degli affreschi.

Costeggiata Lusernetta, si scende verso il ponte che ci permette di attraversare il torrente Luserna, in corrispondenza della Pontevecchio, importante azienda di acque minerali. Siamo ora nel territorio di Luserna San Giovanni, ai margini del borgo di Luserna. Una digressione ci permette, se lo desideriamo, di scoprire le tracce del suo glorioso passato: dalla Torre di San Francesco, che alcuni considerano parte delle antiche mura e che fu sede di un convento di frati minori francescani, alla chiesa di San Giacomo Maggiore, centro propulsore della vita religiosa e civile del tempo; dal Palazzo comitale, poi convento delle suore di San Vincenzo, alla Confraternita di Santa Croce, divenuta cinema e oggi teatro; dall’ala dei mercanti, sede di un antichissimo mercato, al convento dei Serviti di Maria, trasformato in ospedale Mauriziano e, infine, in un centro d’accoglienza per persone disabili. Tra le stradine lastricate o con il fondo in acciottolato – suggestiva la via degli Orefici – ci si può fermare per un caffè.

Ma è bene proseguire senza indugiare troppo, perché ci attende la parte più impegnativa del percorso. Dobbiamo, infatti, salire verso Rorà, il paese dei brusapere: letteralmente significa “brucia pietre” e indica la tradizionale lavorazione della calce, che ha caratterizzato a lungo l’economia di questa piccola località. Da un secolo e mezzo, però, ha preso il sopravvento un’altra attività mineraria, l’estrazione dello gneiss lamellare famoso in tutto il mondo come pietra di Luserna, utilizzato – per la sua bellezza, la sua solidità e l’attitudine a essere spaccato con precisione – per lavori edili o per arredamento urbano di pregio. Ce ne rendiamo conto facilmente, perché la Val Luserna, che stiamo risalendo, è caratterizzata dai tetti in lose delle sue case.

Ricordate Gianavello? Questo semplice contadino, passato alla storia come Il leone di Rorà per la coraggiosa resistenza alle truppe sabaude che volevano imporre la conversione ai valdesi per mezzo della spada, era nato, nel 1617, proprio da queste parti, in una valletta laterale che ci troviamo alla nostra destra. La deviazione, che prevede anche un tratto di sterrato, con un colpo d’occhio suggestivo sul fondo valle, ci porta al Liorato, in quella che fu la casa dell’eroe. Oggi è utilizzata dalla Chiesa valdese per ospitalità e piccoli eventi. Al piano terra, è stato ricavato un minuscolo museo, il cui pezzo forte è la “grotta di Gianavello”: una piccola cavità scavata nel muro che, si dice, poteva essere utilizzata come estremo rifugio.

Terminata la visita, tornati sulla provinciale, procediamo dunque a spron battuto verso Rorà. Anche in epoche ben più recenti, rispetto a quelle delle guerre religiose, queste pendici, che si fanno sempre più aspre, hanno assistito al coraggioso combattimento di uomini che difendevano la loro libertà: ci riferiamo ai partigiani che, durante il secondo conflitto mondiale, controllarono il territorio per alcuni mesi, fino alla durissima battaglia di Pontevecchio, ricordata da una lapide posta su un grande roccione.

Al bivio per Mugniva noi teniamo la destra. La strada comincia a salire in modo marcato, ma il panorama ci ripaga dello sforzo. Gli insediamenti umani sono sporadici: il bosco la fa da padrone fino al capoluogo di Rorà, anticipato da alcuni bei prati dove non è infrequente vedere capre e pecore al pascolo.

Non mancano le opportunità per una sosta e per il pranzo, e c’è chi potrebbe accontentarsi, fermandosi qui (opzione consigliabile durante la stagione meno propizia). Ai più ardimentosi proponiamo un’ulteriore ascesa verso il truc di Valanza, spartiacque tra la Val Luserna e il vallone della Liussa. Per raggiungerlo, si seguano le indicazioni per Pian Prà, sulla destra, oltre l’abitato di Rorà. Una salita impegnativa si conclude a un nuovo bivio, dove svoltiamo a sinistra seguendo l’indicazione Valanza. Ora si procede a mezza costa, lambendo una ex colonia alpina chiamata Piccolo Tibet. Qui finisce l’asfalto e ci s’immerge, a lungo, nel fitto del bosco. Passando dagli Uvert, si raggiunge un percorso panoramico in quota che, d’estate, è uno dei paradisi dei bikers

Tra le attrazioni della zona c’è il frassino maggiore di Rounzei, un albero monumentale, alto 23 metri e con una circonferenza di 480 centimetri, che avrebbe almeno 250 anni! Si trova in località Rounzei, sulla strada che porta all’ex rifugio Valanza. Questo sorge sotto il monte Cavallo, ma è stato trasformato in abitazione privata.

Il lungo itinerario offre diverse possibilità, da scegliere con cura in base alla propria condizione fisica e al meteo. Quando raggiungeremo l’agriturismo La Palà, non c’è dubbio, la fame non mancherà. È una struttura di proprietà comunale, aperta solo durante la bella stagione, in cui si può vivere una vera esperienza d’alpeggio. La famiglia che ne ha la conduzione porta in quota, nei prati soprastanti, il suo bestiame, producendo il formaggio e altre specialità che offre agli ospiti. Il Comune di Rorà ha disposto, proprio in questi mesi, la collocazione di un punto di ricarica per le bici elettriche. 

Per il rientro si può scendere verso il Parco montano di Rorà, attraverso un sentiero che offre una delle migliori prospettive sulle cave di pietra. Da qui si scende facilmente a Rorà e si può tornare a casa: ormai è quasi tutta discesa.

A Castelfiore, dove un tempo sorgeva il castello di Bibiana

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